† 1837: Leopardi

Giacomo Leopardi si spegne trentottenne, dopo anni di patimenti fisici contro i quali negli ultimi tempi il poeta aveva smesso di combattere. Spira nella sua residenza, alle pendici del Vesuvio, assistito dalla sorella Paolina e tra le braccia dell'amico Ranieri, a cui rivolge le estreme parole.


In quel momento a Napoli imperversa il colera e nell'incertezza che anche Leopardi non ne sia una vittima, le sue spoglie andrebbero gettate in una fossa comune, come prescrivevano le norme igieniche dell'epoca. Ranieri intercede per l'amico e fa sì che egli trovi sepoltura prima nella cripta e poi nel pronao della chiesa di san Vitale martire, nel quartiere Fuorigrotta, sulla strada che da Napoli conduce a Pozzuoli. Il testo della lapide viene dettato dall'amico Pietro Giordani. 



La lastra marmorea presenta dei rilievi che rimandano alla sfera della sapienza e dell'eternità: in basso un tondo, rappresentato da un uroboro, ossia un serpente che si morde la cosa, con all'interno una civetta, uccello sacro a Minerva, poggiata su una lucerna. Sul frontone una farfalla si innalza verso il cielo portando con sé un ramo di lauro, pianta simbolo della grandezza poetica, e uno di quercia, albero consacrato a Giove, associato alla filosofia e considerato benefico per l’umanità.


In realtà non è mai stato chiarito del tutto se la versione dei fatti raccontata da Ranieri corrispondesse al vero, e se effettivamente il corpo del poeta di Recanati non sia finito insieme ai morti per colera in una fossa comune del Cimitero delle Fontanelle di Napoli. A lasciare aperta questa possibilità concorre una ricognizione, condotta nel 1900 sulla cassa e sul corpo contenuto nella tomba, che presentava molteplici elementi capaci di mettere in dubbio la sua identificazione con Giacomo Leopardi.

Sta di fatto che tomba e lapide nel 1939 vengono traslate per volontà di Mussolini nel Parco Vergiliano a Piedigrotta, per l'appunto vicino al luogo che la tradizione identifica come la tomba del poeta dell'Eneide. Per l'occasione si innalza un'imponente ara marmorea con su inciso il nome di Leopardi. E' dunque qui che possiamo ancora oggi andare a trovarlo (forse).


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